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"Non dimenticherò mai il profumo che mi ha accolta all'ingresso della cooperativa Ein al Sultan di Gerico, una delle cooperative produttrici di cous cous per il commercio equo palestinese: sarà sempre un ricordo sensoriale, corporeo, perché non trovo le parole adatte a riproporre quell'intensità aromatica che mi ha avvolta immediatamente.

Continuiamo a pubblicare le testimonianze dell'amico Imad El Rayes, al suo ritorno da Libano.
All’aeroporto di Milano, in attesa di partire per il Libano, mi guardavo intorno osservando “facce libanesi”, alcuni parlavano spagnolo, altri americano, altri ancora bulgaro o italiano… ecco la varietà: 14 milioni di libanesi all’estero, sparsi in tutto il mondo, con cittadinanze diverse.
Ed ora l’aereo pieno di persone dirette in Libano, per vacanza, o per fare visita a parenti… e così portano anche denaro all’economia libanese.
Atterriamo tra gli applausi nel paese dei contrasti e delle complicazioni: sono stato accolto molto bene da tutti.
Bello rivedere il fratello, la mamma, sorella e nipoti…
Ma strane sensazioni mi perseguitavano, come se non riuscissi più a capire quale fosse la mia casa: l’Italia, dove risiedo adesso, oppure il Libano, la terra dove sono nato.
Un mio ex professore, dopo un lungo abbraccio, mi disse “Guarda che c’è bisogno di voi artisti, c’è bisogno che voi torniate in Libano almeno per fare delle mostre, facendo rivivere la libertà tolta, la cultura rubata e la sensibilità sepolta”.
Il traffico intenso e le regole di guida (caos organizzato) mi hanno spinto a girare poco, ma quel poco è stato sufficiente per capire che questo Libano gira ancora intorno a se stesso a tutto campo, cambiano solo le facce e i nomi (parlo dei politici e dei capi), in un sistema bloccato all’interno delle diverse etnie e una falsa democrazia.