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Per due anni la sanità è stata al centro del dibattito politico, la grande malata, incapace di rispondere con efficacia alla pandemia. Poi la politica l’ha cancellata dalla discussione elettorale. Eppure, la pandemia non è terminata e il Servizio Sanitario Nazionale sta boccheggiando: mancano decine di migliaia tra medici e infermieri, le liste d’attesa sono chilometriche e cresce il numero di cittadini senza il medico di famiglia.

Il 17 gennaio scorso è uscito il consueto rapporto di Oxfam sulle disuguaglianze e ha certificato che nel tempo della pandemia i 10 uomini più ricchi del pianeta hanno raddoppiato le proprie fortune, mentre l’esercito dei poveri si è ingrossato di 163 milioni di persone. La conclusione è che i 10 super-paperoni detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale.

Draghi è stato avvertito: Zelensky non gradisce che una crisi di governo in Italia disturbi l’incessante flusso di armi all’Ucraina né, come dice il suo consigliere Podolyak, “la tradizionale lotta politica interna nei Paesi occidentali” (cioè la democrazia) “deve intaccare l’unità nelle questioni fondamentali della lotta tra il bene e il male”, ovvero mettere in dubbio la suddetta “fornitura d’armi all’Ucraina”. E anche Johnson lascia a desiderare. Perciò dobbiamo aspettare che domani la sorte del governo Draghi sia decisa non sui nostri colli fatali ma là dove si giocano le sorti delle nostre Costituzioni democratiche e della stessa pace del mondo, dal momento che le abbiamo messe nelle mani delle attuali tragiche star della guerra e del potere.