La lettera aperta pubblicata oggi dal quotidiano “Yediot Aharonot” e rivolta al premier israeliano Netanyahu, è di quelle che riaprono il cuore alla speranza. La firmano 43 ufficiali e soldati riservisti del corpo d’élite dell’intelligence 8-200, cui è affidata la sorveglianza dei territori palestinesi occupati.
Questi 43 coraggiosi, fra cui un maggiore e due capitani, dichiarano di rifiutare un servizio consistente nel “raccogliere materiale che colpisce palestinesi innocenti e che serve alla loro persecuzione politica”. Sanno di rischiare la prigione per questo atto di disobbedienza civile, la più vasta manifestazione di obiezione di coscienza che io ricordi almeno dai tempi della prima intifada. Si tratta di militari facenti parte di un’unità d’eccellenza dotata di capacità di intercettazione molto sofisticate. La loro sortita pubblica eleva il livello del dissenso nei confronti della politica governativa durante e dopo la guerra di Gaza. Dal mio punto di vista, è anche il segnale di una sensibilità democratica che non è venuta meno all’interno dell’opinione pubblica israeliana. La loro critica è minoritaria ma fertile e insopprimibile. Sono uomini e donne come i 43 firmatari di questa lettera a difendere l’onore di Israele. Macchiato viceversa da decisioni governative come la costruzione di una nuova colonia di 400 ettari motivata come risposta all’assassinio dei tre studenti nei pressi di Hebron.
Fonte: Gad Lerner