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Due  Chiese di fronte al berlusfascismo. Mazzolari e l’uomo: una questione morale
di Mario Pancera

Gli storici ci diranno un giorno come si è comportata in questi anni la Chiesa con il berlusfascismo. Che cosa fa, oggi, non è chiaro. Ufficialmente tergiversa: a volte lo appoggia perché tocca temi sensibili come quelli della famiglia e della scuola (e i provvediment i governativi sembrano a suo favore), altre volte tace (come quando vara leggi che incoraggiano il gioco d’azzardo o pesano prima di tutto sui poveri). La Chiesa non ufficiale, invece, appare divisa: ci sono vescovi, sacerdoti, politici, eminenti laici cattolici che parlano, scrivono, partecipano a un dibattito generale anti berlusfascista. Questi non discutono soltanto della figura morale e politica del premier e del suo partito, ma soprattutto guardano al degrado della società, al suo immiserirsi materiale, intellettuale e spirituale. Tendono al risveglio delle coscienze.

"Visibilità", "notorietà", "divismo", "spettacolarizzazione". Più il tempo passa, più il linguaggio della politica si impoverisce e si svuota di senso. Non conta più quello che si dice, ma quanto e dove si parla e si appare. All'epoca dei mass-media, la visibilità è sovrana. Non solo nell'universo dello spettacolo, ma anche e soprattutto nel mondo politico. Come se per acquisire credibilità, si dovesse essere presenti ovunque, saturare il dibattito pubblico, pronunciare sempre le stesse formule. Come se bastasse ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte, come diceva Joseph Goebbels, perché la menzogna si trasformi magicamente in verità.

Se vi fermate a pensarci vedrete che il filo dei mali di una certa politica italiana è uno solo. È la nefasta e interessata confusione fra autonomia e indifferenza della politica rispetto all'etica. L'autonomia della politica è una scoperta (sacrosanta) della modernità, ma è resa possibile dalla comprensione del fatto che l'ordine sociale è un bene medio e non un bene ultimo, un mezzo e non un fine. Fine e bene ultimo è la libera fioritura degli individui, nel rispetto reciproco della loro pari dignità e dei loro eguali diritti.

Non spaventino le parole in sé enormi, e rassicuri invece il fatto che il mio palcoscenico è piccolo e facilmente accessibile. Sarebbe infatti davvero da presuntuoso pensare di affrontare questioni così infinite che appartengono alla storia del pensiero umano e che con le loro concatenazioni si può dire lo completino. Libertà, moralità, responsabilità, causalità, determinazione, etc. sono in effetti termini per quali è bene consultare le enciclopedie e le biblioteche. Il loro uso da parte mia è quindi un trucco che rivela anche una certa ingenuità, non ho in effetti ambizioni di verità, unico mio fine possibile e valido rimane sempre e solo coltivare curiosità o, se si vuol dirla in altro modo, domande.

Sono socio dell’ANPI che è un ente morale. Sono vice presidente dell’Istituto Storico della Resistenza Apuano e membro del CD dell’Istituto Storico della Resistenza Toscana che si richiamano espressamente alla Costituzione ed ai suoi valori etici e morali. Sono anche un dipendente statale tenuto ad una condotta pubblica e privata fondata sul senso morale. Non sono religioso ma da laico credo in una coscienza morale che si fonda sulla natura umana e che è patrimonio di tutti gli uomini e di tutte le donne.

Se avessi partecipato a uno di questi dibattiti televisivi che rendono la gente convinta che i politici sono tutti uguali, mi sarei rivolta direttamente ai telespettatori per dire "amici, ma la Santanché con il dito medio alzato, vi piace? contenti se lo facesse vostra figlia nei vostri confronti? e voi, lo fate ai vostri genitori? Ma perché non spegnete il telecomando, almeno per segnalare che non siete complici? State facendo la stessa parte in commedia, mentre il fango è ormai nel frullatore". Nessuno mi inviterebbe più - sarà per questo che non lo fa nessuno - ma mi sarei cavata la voglia di compiere una specie di dovere.