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Pubblicato su "www.lastampa.it" del 21 giugno 2008.

Se domani una legge dicesse che prima dell'udienza l'imputato va tenuto in ginocchio sul sale, non la applicheremmo. Chiederemmo alla Corte Costituzionale di dichiararne l'illegittimità, ma intanto non obbediremmo. Si sta avvicinando il momento, che mai avremmo immaginato, di questa drammatica frattura delle coscienze, dei cittadini e degli stessi giudici. Fino a che punto si deve prestare obbedienza alla legge? Antico quesito, peraltro sorprendentemente attuale. La norma che sospende i processi per i reati puniti fino a dieci anni è stata introdotta surrettiziamente nel testo del decreto sulla sicurezza, dopo l'autorizzazione del Presidente della Repubblica.

Pubblicato sul “Nonviolenza. Femminile plurale”, n. 203 del 22 agosto 2008 e tratto dal sito della Libera università delle donne di Milano)



Por donde saldrà el sol? Da dove sorgerà il sole? È la speranza che vive nel cuore della notte a parlare in questa domanda degli indiani d'America.

Come sanno gli indiani, la notte può essere lunga. Molto lunga talvolta.

Una notte di cinque secoli, così essi definiscono la colonizzazione, il genocidio, la quasi scomparsa del loro popolo. Noi, eredi di quell'Occidente che li ha sterminati, possiamo oggi fare nostro il loro interrogativo... La nostra è un'epoca in crisi. È scoccato da tempo il nuovo millennio, ma la miseria, la tristezza, la sofferenza del mondo non sono mai apparse in una luce tanto definitiva".

Questa estate, che sta volgendo lentamente verso la sua conclusione, non mi pare sia stata molto tranquilla, almeno dal punto di vista politico: i rom, le impronte ai bimbi, l'esercito a "garantire" l'ordine pubblico, la demonizzazione di ogni forma di dissenso, la riduzione degli spazi di democrazia, le povertà e le precarietà che aumentano.
Forse è semplicemente il punto di vista da cui si guardano le cose a suscitare in me molti timori e bisogni di chiarezza a sinistra e nel movimento nonviolento, ma credo anche che debba essere fatto uno grosso sforzo culturale per pensare di immaginare relazioni sociali ed economiche diverse.

Pubblichiamo queste riflessioni sulla “crisi della politica”, in un momento in cui sembra che i partiti propongano nuove aggregazioni (Partito Democratico, Cantiere della Sinistra, Centro di Mastella), nella speranza che questo notiziario possa ospitare un dibattito ricco e più ampio (chiunque voglia scrivere le proprie riflessioni può farlo inviando il proprio contributo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)


La recente inchiesta svolta da “Il Manifesto” in alcune fabbriche del nord e in alcuni circoli di PRC, nonché la “crisi rispetto alla politica”, che si manifesta ormai con l’ampia scelta del “non voto” o del “voto di protesta” e con l’affermazione sempre più ricorrente “siete tutti uguali”, richiede alle forze politiche l’umiltà e la capacità di interrogarsi profondamente, evitando di ridurre il tutto semplicemente ad una “deriva antipolitica”, poiché procedendo su questa strada il rischio reale è quello di spezzare il patto di democrazia, che si fonda, a mio avviso, essenzialmente sulla partecipazione e sulla cittadinanza attiva: democrazie nella quale ampi settori della società si sentono disgustati dall’impegno politico sono democrazie malate, che hanno bisogno di essere rivitalizzate (uso di proposito il plurale, convinto che non esiste un unico modello di democrazia).

Rispetto alla “distanza rispetto alle forme della politica” ho la sensazione che si proceda sempre di più ad accentuarla, riducendo l’agire politico a qualcosa che riguarda gli addetti ai lavori, e non andando invece a sviluppare una redistribuzione dei poteri dell’azione politica rispetto alle persone in carne ed ossa.

Se non saremo capaci di scavare dentro alle domande e alle richieste che si celano dietro a questa “disillusione rispetto all’impegno politico” vedo tempi grigi per la nostra democrazia e per il ruolo che i partiti possono avere, in un’ottica in cui le pratiche di democrazia non possono ridursi semplicemente all’espressione del voto, bensì andare a sviluppare e ampliare il protagonismo attivo delle persone, in una logica partecipativa.