Cambiamenti nel paradigma della politica (Luisa Muraro)
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Riportato sul notiziario del Centro di Ricerca per la Pace, tratto dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il testo della conferenza tenuta da Luisa Muraro presso l'Università di Girona il 19 dicembre 2006
Ci sono fatti che, come lampi nel buio, fanno una gran luce che dura poco e ci lasciano in un'oscurità peggiore di prima: la caduta del muro di Berlino nel 1989, la caduta delle Torri gemelle di New York, nel 2001. Ho accostato eventi fra loro molto diversi, ma per un aspetto molto simili. Tutto va molto in fretta, sempre più in fretta e le cose erette per durare non stanno su. Dopo la caduta del muro di Berlino, qualcuno disse che la storia era finita, per dire che gli Usa erano destinati ad esercitare una stabile egemonia mondiale, ma il governo che si è istallato alla Casa bianca ha fallito completamente questo traguardo.
All'instabilità evidente si accompagna il problema del senso della politica: che significato abbia in sè e per noi oggi. Se uno o una mi chiedesse: che cosa intendi per politica, la mia prima risposta sarebbe che questa è una domanda alla quale la cultura occidentale oggi non sa rispondere. In questo senso si dice che il paradigma della politica è in crisi. Il paradigma, detto in breve, è una specie di modello basico che dà una certa coerenza ad un insieme di pratiche e di conoscenze senza impedire, anzi favorendo il loro sviluppo. Si dice che cambia il paradigma quando sono messi in questione dei presupposti fino allora tacitamente condivisi, in vista di nuove prospettive. Ma ci sono, e quali sono? Nella situazione in cui ci troviamo, secondo me, si deve rinunciare a formulare teorie vere e proprie. Ma non a leggere la realtà che cambia. Si fa come chi racconta il suo viaggio man mano che viaggia. Si fa tenendo conto dell'esperienza personale e ascoltando quella degli altri, delle altre. Non c'è un punto di vista oggettivo, chi dice di averlo si sbaglia o imbroglia. Ma non siamo neanche condannati al soggettivismo, perché ciascuno e ciascuna di noi è parte della realtà che cambia e ne ha una qualche esperienza, e perché, con la parola, può comunicarla ad altre, altri. Sono finite le grandi narrazioni, si è detto, ma non sono finite le narrazioni, anzi, è cominciato il tempo delle molte narrazioni.
Ci sono fatti che, come lampi nel buio, fanno una gran luce che dura poco e ci lasciano in un'oscurità peggiore di prima: la caduta del muro di Berlino nel 1989, la caduta delle Torri gemelle di New York, nel 2001. Ho accostato eventi fra loro molto diversi, ma per un aspetto molto simili. Tutto va molto in fretta, sempre più in fretta e le cose erette per durare non stanno su. Dopo la caduta del muro di Berlino, qualcuno disse che la storia era finita, per dire che gli Usa erano destinati ad esercitare una stabile egemonia mondiale, ma il governo che si è istallato alla Casa bianca ha fallito completamente questo traguardo.
All'instabilità evidente si accompagna il problema del senso della politica: che significato abbia in sè e per noi oggi. Se uno o una mi chiedesse: che cosa intendi per politica, la mia prima risposta sarebbe che questa è una domanda alla quale la cultura occidentale oggi non sa rispondere. In questo senso si dice che il paradigma della politica è in crisi. Il paradigma, detto in breve, è una specie di modello basico che dà una certa coerenza ad un insieme di pratiche e di conoscenze senza impedire, anzi favorendo il loro sviluppo. Si dice che cambia il paradigma quando sono messi in questione dei presupposti fino allora tacitamente condivisi, in vista di nuove prospettive. Ma ci sono, e quali sono? Nella situazione in cui ci troviamo, secondo me, si deve rinunciare a formulare teorie vere e proprie. Ma non a leggere la realtà che cambia. Si fa come chi racconta il suo viaggio man mano che viaggia. Si fa tenendo conto dell'esperienza personale e ascoltando quella degli altri, delle altre. Non c'è un punto di vista oggettivo, chi dice di averlo si sbaglia o imbroglia. Ma non siamo neanche condannati al soggettivismo, perché ciascuno e ciascuna di noi è parte della realtà che cambia e ne ha una qualche esperienza, e perché, con la parola, può comunicarla ad altre, altri. Sono finite le grandi narrazioni, si è detto, ma non sono finite le narrazioni, anzi, è cominciato il tempo delle molte narrazioni.
Una democrazia per due (Maria Grazia Campari)
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Tratto da Non nonviolenza femminile plurale, n. 92 del 8 marzo 2007
[Dal sito della Libera Università delle donne riprendiamo il seguente intervento del primo marzo 2007]
Intervengo riprendendo alcuni concetti che sono ampiamente dibattuti fra i giuristi, cercando di allargare lo sguardo, secondo una prospettiva femminista.
Mi riferisco al concetto di democrazia costituzionale come democrazia limitata, conscia del limite, mai statica, che non nega il conflitto (Dogliani).
Un'auspicabile democrazia costituzionale, quindi, autorizza il conflitto, non soffoca e sterilizza i soggetti, è capace di dare forma a contenuti vari. Rappresenta un incentivo alla partecipazione, costituisce utile freno allo slittamento verso forme oligarchiche di democrazia (Azzariti).
Occorre, allora, praticare in radice la scienza del limite; non è più ammissibile, e da tempo, relazionarsi ai problemi dell'assetto democratico, parlando per e di tutti gli uomini ("i diritti dell'uomo" espressione comprensiva di tutte le donne), occorre scomporre l'umanità nei due soggetti sessuati e registrare come essi parlino e agiscano un'esperienza che è comune e, contemporaneamente, anche diversa.
Questi temi appartengono ad un dibattito femminista, rimasto per anni alquanto offuscato.
Abbiamo spesso dovuto constatare la grande distanza che separa le donne dai luoghi della decisione politica ed economica, la loro assenza dalle istituzioni definite rappresentative, con il risultato che la irrilevanza della loro presenza le esclude, di fatto, dalla elaborazione delle regole che costituiscono l'ordine giuridico condiviso, perno della democrazia.
[Dal sito della Libera Università delle donne riprendiamo il seguente intervento del primo marzo 2007]
Intervengo riprendendo alcuni concetti che sono ampiamente dibattuti fra i giuristi, cercando di allargare lo sguardo, secondo una prospettiva femminista.
Mi riferisco al concetto di democrazia costituzionale come democrazia limitata, conscia del limite, mai statica, che non nega il conflitto (Dogliani).
Un'auspicabile democrazia costituzionale, quindi, autorizza il conflitto, non soffoca e sterilizza i soggetti, è capace di dare forma a contenuti vari. Rappresenta un incentivo alla partecipazione, costituisce utile freno allo slittamento verso forme oligarchiche di democrazia (Azzariti).
Occorre, allora, praticare in radice la scienza del limite; non è più ammissibile, e da tempo, relazionarsi ai problemi dell'assetto democratico, parlando per e di tutti gli uomini ("i diritti dell'uomo" espressione comprensiva di tutte le donne), occorre scomporre l'umanità nei due soggetti sessuati e registrare come essi parlino e agiscano un'esperienza che è comune e, contemporaneamente, anche diversa.
Questi temi appartengono ad un dibattito femminista, rimasto per anni alquanto offuscato.
Abbiamo spesso dovuto constatare la grande distanza che separa le donne dai luoghi della decisione politica ed economica, la loro assenza dalle istituzioni definite rappresentative, con il risultato che la irrilevanza della loro presenza le esclude, di fatto, dalla elaborazione delle regole che costituiscono l'ordine giuridico condiviso, perno della democrazia.
Alex Zanotelli: ammazzateci tutti
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dal n. 1135 del 5 dicembre 2005 del notiziario "La nonviolenza è in cammino"
[Dalla rivista mensile di Pax Christi "Mosaico di pace" di novembre 2005 riprendiamo l'editoriale di Alex Zanotelli].
[Dalla rivista mensile di Pax Christi "Mosaico di pace" di novembre 2005 riprendiamo l'editoriale di Alex Zanotelli].
Dalla Val Susa
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Scrivo queste poche (spero) righe con l'unica intenzione di portare a conoscenza una situazione che la maggior parte dei media cerca di tener nascosta.
Affrontare il problema della democrazia e della partecipazione
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Costruire lalternativa a questo governo ponendo al centro la democrazia e la partecipazione (Buratti Gino)
Se questa è vera democrazia (Barbara Spinelli)
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Dal quotidiano "La stampa" del 31 dicembre 2005. Barbara Spinelli è una prestigiosa giornalista e saggista; tra le sue opere segnaliamo particolarmente Il sonno della memoria, Mondadori, Milano 2001, 2004; una selezione di suoi articoli è in una sezione personale del sito del quotidiano ( La stampa ).
Tratto da "La nonviolenza è in cammino" - n. 1163 di mercoledì 4 gennaio 2006
Tratto da "La nonviolenza è in cammino" - n. 1163 di mercoledì 4 gennaio 2006
Roberto Cingolani è il miglior ministro possibile ?
- Centro Ghandi
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Roberto Cingolani è il miglior ministro possibile per il ministero della transizione ecologica?
Il Centro Gandhi per la nonviolenza manifesta delle forti riserve.
- Quale piano d’azione sul vaccino anticovid ha l’Italia?
- Firma la proposta di legge popolare contro la propaganda fascista e nazista
- Una riflessione sul '68: "rivoluzione e partecipazione"
- Al via la proposta di legge di iniziativa popolare contro la propaganda fascista
- Una legge contro l'odio di matrice fascista
- Il ruolo dello stato dopo la pandemia: una nuova liberazione
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