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Il nostro Governo ha deciso di procedere ad un intervento di natura militare in Libia denominato "Ippocrate".

Il medico e scienziato Ippocrate direbbe che per superare le sofferenze bisognerebbe andare alle cause e riterrebbe sbagliato il ricorso allo strumento militare per risolvere una situazione degenerata proprio a seguito di devastanti spedizioni  militari. Più volte è capitato all'Italia di vendere con una mano armi e di offrire con l'altra aiuti sanitari in un gioco orribile e contraddittorio di interventi contrapposti (un esempio: la vendita di mine antiuomo nel Corno d'Africa e l'invio di medici per curare i colpiti dalle mine).

La Rete Italiana per il Disarmo e la Rete della Pace esprimono  forte preoccupazione sulla decisione da parte del Governo Italiano di procedere ad un intervento di natura militare in Libia, e ribadiscono la propria contrarietà a qualsiasi tipo di intervento armato.
La soluzione per la grave situazione conflittuale in corso da anni in Libia potrà derivare solo da una visione politica ampia che metta al primo posto la ricostruzione di un tessuto democratico a partire dal rafforzamento della società civile, cosa impossibile da effettuarsi con le armi.
A maggior ragione nel momento in cui all'imminente sconfitta di Daesh in Libia rischia di riaccendersi una guerra civile tra Tripoli e Tobruk come già evidente negli ultimi recentissimi sviluppi relativi alla avanzata delle milizie del generale Heftar, nella  cosiddetta Mezzaluna petrolifera.

Le immagini che abbiamo visto, in tutti i media, dei corpi dei poliziotti turchi, costretti a stare seduti in terra, ammucchiati e denudati, rimandano a quelle dei racconti delle ragazze e ragazzi protagonisti, quindici anni fa, della “macelleria messicana” (così venne definita allora) del G8 di Genova. Foto sovrapponibili per un comune denominatore: l’umiliazione della dignità umana e la soppressione dei diritti civili, politici e sociali.