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Alessandra è stata uccisa a pochi chilometri da noi, a Pastrengo, dal suo ex-compagno, la sera dell’8 giugno. La storia di Alessandra Maffezzoli è identica, purtroppo, a quella di tante altre donne. È una storia che ripercorre uno schema sempre uguale: lei decide di chiudere la relazione, lui la uccide.

La base di un rapporto sessuale è, per definizione, il consenso. Sì vuol dire sì. No vuol dire no.

Ma, troppo spesso, il no, inteso come dissenso al rapporto, sembra non essere sufficiente per qualificare un atto come violenza sessuale, sia a livello giudiziario, sia a livello mediatico, sia a livello di opinione pubblica, con buona crisi della tanto agognata cultura del consenso. Il "no" non basta, si è detto. E non basta perché c'è sempre e comunque una gonna troppo corta, un alcolico di troppo o un capello troppo curato ad aver provocato lo stupratore.

Il progetto femminista del "nominare" comporta, nell'ambito della violenza, 1. rendere visibile ciò che è invisibile, 2. definire inaccettabile ciò che è accettato e 3. insistere sulla problematicità della normalizzazione. Il nominare permette alle donne di dare appunto un nome alle esperienze di violenza subita, e di sfidarle spostandole dalla sfera privata a quella pubblica, spostando anche in questo modo i confini di quel che è un comportamento socialmente accettabile o inaccettabile.

Dunque, volete parlare con me. Di donne, di femminismo. Di violenza, sessismo, stupro. Siete convinti di avere un sacco di argomentazioni e spiegazioni e idee che io non avrei mai sentito prima. Non volete mica essere aggressivi o supponenti, si tratta solo di discutere. E io non voglio parlare con voi. Che atteggiamento è questo?

La 25enne Ragae Hammidi di Casablanca, Marocco, ha una doppia vita. Cinque giorni la settimana frequenta una scuola commerciale, ma nei fine settimana è una giornalista che esce nelle strade con una piccola videocamera e gira video di persone e questioni che i professionisti dei media lasciano in disparte: “Riporto quel che accade alle ragazze e alle giovani donne. E’ la mia storia. Se quelli che avrebbero la responsabilità di farlo non lo fanno, allora ho il dovere di dirlo io.”, dice Hammidi. E fa un esempio.