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Le immagini che abbiamo visto, in tutti i media, dei corpi dei poliziotti turchi, costretti a stare seduti in terra, ammucchiati e denudati, rimandano a quelle dei racconti delle ragazze e ragazzi protagonisti, quindici anni fa, della “macelleria messicana” (così venne definita allora) del G8 di Genova. Foto sovrapponibili per un comune denominatore: l’umiliazione della dignità umana e la soppressione dei diritti civili, politici e sociali.

In Gran Bretagna è stato pubblicato il rapporto Chilcot, frutto di una inchiesta durata sette anni sull’intervento armato in Iraq. Il rapporto sancisce a livello ufficiale quello che i movimenti per la pace e papa Giovanni Paolo II nel 2003 avevano ampiamente spiegato: non vi erano prove dell’esistenza di armi di distruzione di massa in mano a Saddam; la via militare fu scelta senza esaurire le altre opzioni; è stato rilanciato il terrorismo "islamista". Qualcosa di simile è avvenuto in Libia. Quelle guerre sono state più gravide di conseguenze devastanti della crisi finanziaria.

Dobbiamo con profondo rammarico denunciare che la capacità mimetica della guerra e la giustificazione della violenza si accrescono in modo inatteso nella generale indifferenza con un uso e un abuso della parola pace. Ne è stata dolorosa prova l’attribuzione il 13 aprile 2016 del premio Napoli Città di Pace all’attuale ministra della Difesa Roberta Pinotti da parte dell’Unione Cattolica Stampa Italiana.

Stiamo vivendo giorni di bombardamenti e devastazioni atroci su molte città.

Tragedie che ci richiamano alla Costituzione del Concilio Vaticano II ‘Gaudium et spes’ e alla sua condanna della guerra totale, l'unica condanna in un Concilio ‘pastorale’.

Essa così afferma al n. 80: "Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato".

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