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Siamo studenti medi, universitari, precari, lavoratori, disoccupati, migranti.
Condividiamo un'idea di società solidale, giusta, libera, egualitaria.
Riteniamo che la fase di crisi che stiamo attraversando, non ha alcuna possibilità di essere superata se non mettendo in discussione il modello capitalista entro cui viviamo. Ma non ci rassegniamo ad accettare passivamente questa progressiva offensiva contro le nostre vite.

A distanza di quasi un anno dal nostro lanciato allarme e dopo molte e vane dichiarazioni da parte di varie autorità politico/amministrative (in testa quella del Sindaco di Massa Roberto Pucci) alla fine la cava del Padulello (monte Tambura-Cavallo), malgrado gli scarsi livelli occupazionali e malgrado le innumerevoli violazioni commesse e rilevate dai guardiparco, ha ottenuto l'autorizzazione a riprendere l'escavazione in una delle zone paesaggistiche più delicate delle Apuane ma soprattutto più vulnerabili dal punto di vista idrogeologico.

“Non approfittiamo delle tragedie per cancellare la nostra Storia”,  Via Resistenza ad Aulla deve vivere e non può essere sostituita con Via 25 Ottobre, come qualcuno a scritto sui giornali. La solidarietà della nostra associazione al Comune e ai commercianti è sentita e si è concretizzata nei mesi del disagio con gesti di volontari e forme di contributo alle realtà associative che stavano nascendo.

Al Parco delle Alpi Apuane

Oggetto: memorie e integrazioni alla richiesta di inchiesta pubblica relativamente alle cave situate nel monte Tambura di Piastramarina (d’ora in poi Focolaccia) e Padulello-Biagi

  1. Come è stato segnalato nella richiesta di inchiesta pubblica, sono presenti elementi di violazione della normativa relativa alla tutela ambientale (Codice dei Beni culturali e del paesaggio, in particolare all’art. 142 relativo alle aree tutelate per legge (ALLEGATO A) che qui riprendiamo per punti:

a) comma d altitudine delle cave (superiore a m. 1.200 slm),

b) comma f presenza del parco delle Alpi Apuane, riconosciuto recentemente dall’Unesco tra i geoparchi. L’art. 142 comma f tutela non solo i parchi, ma anche i territori di protezione esterna dei parchi e in questa area, artificiosamente estrapolata dall’ambito territoriale dello stesso Parco con la denominazione di “area contigua”, si esercitano attività estrattive e sono presenti strade camionabili. Non solo, a seguito dell’escavazione è stata gravemente alterata la linea di crinale del monte Tambura (Focolaccia) (nonostante lo stesso Ente Parco fin dal 2002 avesse suggerito di chiudere le cave di crinale ). L’ultimo piano acustico, redatto in funzione del piano strutturale, classifica queste aree come “zona industriale”, atto tanto più grave in quanto il piano strutturale e il regolamento urbanistico si adegueranno a tale classificazione.

c) comma h: anche questa zona è gravata da uso civico e come tale dovrebbe essere protetta. Inoltre, il dispaccio sovrano 19.XI.1846 precisa che “non si può derogare dalla massima fissata di restringere il diritto di cava ai soli comunisti”, escludendo perciò livellanti forestieri, a meno che avessero avuto il preventivo benestare del governo. Tale procedura non è stata seguita nella cessione della Focolaccia a cittadini siriani, nonostante che la legge estense sia ancora oggi la legge di riferimento del Comune di Massa o meglio, appellandosi a questa sola normativa, il Comune nel 2006 ha concesso la cava Focolaccia a cittadini siriani.

(ALLEGATO B: arch. Nino Angeli, Verifica storico –giuridica dell’esistenza di usi civici e terre collettive, incaricato con delibera n. 08466 del 5/IX/1994 della Regione Toscana).

 

  1. Danni ambientali

Il piano di coltivazione della Focolaccia si è esteso fino ad occupare, sia nel versante massese che in quello garfagnino un’area SIR e SIC (tutelata per la direttiva CEE 92/43 , art. 6, par. 3 e 4 e DPR 357/97 con integrazioni in DPR 120/2003). Non solo, ma il Comune di Massa, con determina dirigenziale 2006 ha concesso alla ditta che la lavora una vasta area (mq. 120.000), che invade aree individuate tra i siti protetti di Natura 2000 , come mostra il confronto dell’ALLEGATO C1: in rosa l’area SIR determinata dalla Regione e in bianco l’area di cava, con l’ALLEGATO C 2: in verde l’area protetta e in bianco l’area di cava che ha invaso il SIR, sia nel lato Massa per le cave Focolaccia e Padulello, sia nel versante Garfagnino per la cava Focolaccia lucchese).

Facciamo notare il paradosso creato dalla stessa Regione Toscana, che, contrariamente al concetto di tutela, ha permesso che questi siti, pur riconosciuti di interesse regionale, venissero interrotti dall’area di cava come evidente dagli allegati C 1 e C 2.

L’escavazione e la produzione di ravaneti sono causa della perdita non solo di geositi, ma anche di piante di pregio. Per la qualità della vegetazione che conserva specie relitte ed endemiche di grande valore (v. ALLEGATO D: relazione di Fabio Garbari dell’univ. di Pisa, Aspetti floristici delle Alpi Apuane )

Nell’area, in particolare al passo della Focolaccia, strada di comunicazione dai tempi più antichi, è stata ritrovata anche una moneta di età romana. v. ALLEGATO E, Comune di Massa, Censimento dei sti archeologici. Schedatura, 1999, n. 80.

Qui, in prossimità del passo, è presente il primo rifugio costruito nelle Apuane, il rifugio Aronte, a m. 1642 di altezza, edificato nel 1902 sulla superficie di 100 mq donata dal Comune di Massa al CAI di Genova. Si fa notare che nella cessione-alienazione dei 120.000 mq alla ditta Focolaccia nel 2006, non è stato nominato né il rifugio, né la sua appartenenza al CAI di Genova. Attigua alla capanna- bivacco , era una piccola vena d’acqua , oggi scomparsa (v. ALLEGATO F, M. Marando, Sui sentieri delle Alpi Apuane per riscoprire il cammino dell’uomo, Pontedera 2006, p. 137))

Per i vistosi danni alla via di lizza Focolaccia, a anche alla Vandelli, la strada settecentesca che collegava Massa a Modena, dunque viabilità storica soggetta a vincolo, si veda quanto scrivono fin dal 1989, F. Braedley – E. Medda, Le strade dimenticate. Vie di lizza e discesa del marmo nelle alte valli massesi, Massa 1989, p. 86 .

III) Documentazione sul disastro ambientale

Quanto al reale disastro ambientale, è sotto gli occhi di tutti e evidenziabile per la coltivazione a cielo aperto da fotografie scattate a distanza, anche perché non è possibile avvicinarsi alle cave per ovvi motivi di sicurezza; le ditte in genere proteggono la loro attività con la presenza di cani (Padulello), di telecamere, e nel caso della Focolaccia, con scritte larvatamente minacciose del tipo “Dio uccide chi spia”.

Alleghiamo qui una foto del 1986 che consente ai giovani funzionari del Parco, del Comune ecc. ecc. di conoscere la situazione al 1986 quando era stato appena costruito un grande edificio abusivo a tre piani e che presenta nel sottotetto ben 17 camerette, che non risulta condonato e al quale è stato attribuito nel 2007 un modesto valore di 10.000 euro (ALLEGATO G).

L’operato dei guardiaparco, in ragione del numero ridotto (quattro) non può essere costante, e non avendo a disposizione le loro denunce non siamo in grado di valutare la gravità dei danni continuati e continuativi dai medesimi rilevati negli anni, e indicati nella documentazione che mi è stata data come” lavori in difformità a quanto autorizzato: art. 734 C. P. e artt. 167 e 181 Lgs 42/2004”.

E’ noto però che la Padulello –Biagi sta scavando senza autorizzazione, anche nei giorni festivi, e versa regolarmente la tassa marmi al Comune.

Quanto alla Focolaccia, in un documento a firma Spazzafumo e Amorfini indirizzato ai guardiaparco del 4.V.2009, si precisa che, in difformità dell’autorizz. del 2003 la cava Focolaccia ha abbassato un setto di mascheramento giudicato “irrinunciabile” dal Parco, di ben 7 metri, e di ulteriori sette metri il cantiere di scavo, estraendo abusivamente almeno 780mc. di marmo. Ebbene, questi abusi individuati nel 2009, erano stati fatti anteriormente al 2006, come è risultato in un recente processo, a dimostrazione che le guardie del Parco.

Sempre per questa cava facciamo notare che nella determina di Pronuncia di compatibilità ambientale a firma Bartelletti del 7/VIII/05 n. 25, non venivano autorizzate attività nei mappali 1 e 4 “oggetto di difformità e nella porzione del setto di mascheramento”, a conferma che la ditta aveva scavato abusivamente nel mappale 1. Aggiungiamo infine che il mappale 1 viene concesso dal Comune di Massa alla ditta solo SUCCESSIVAMENTE alla data della denuncia del Parco, cioè nel novembre 2006. E’ evidente perciò che la ditta, individuato un filone di marmo, lo segue indipendentemente da autorizzazioni e prescrizioni, e , soprattutto, che il Parco non sempre è in grado di seguire e controllare il lavoro di escavazione.

 

  1. Grotte e inghiottitoi

L’area è la zona speleologicamente più importante d’ Italia. Le grotte carsiche e gli inghiottitoi sono però messi a rischio da una scellerata escavazione che non tiene in nessun conto le prescrizioni del Parco e soprattutto disattende la legge regionale 20/84.

Due esempi:

il primo risalente agli novanta:

  1. Fin dal 1992, la federazione speleologica toscana denunciava che la cava Focolaccia aveva intersecato una grotta con un pozzo di 40 metri, occultato con detrito, ma permeabile ai rifiuti di cava (olii e marmettola) .

  2. A questo proposito Il Corpo forestale di Lucca, segnalando il sequestro giudiziario della cava in provincia di Lucca, confermava la presenza della cavità ormai ostruita fin dal maggio e richiamava la prescrizione a seguire della Regione Toscana, a seguito della segnalazione fatta dallo stesso ente nel 1990, di dotarsi di uno studio idrogeologico carsico.

  3. Il corpo forestale di Massa invece il 26 novembre evidenziava difformità nella sistemazione del ravaneto, ma non rilevava grotte in situ e precisava “probabilmente la Ditta ha intercettato qualcosa, ma ha chiuso e mascherato il tutto”.

  4. Il 30 dicembre l’ass. all’ambiente della Regione toscana, dott.ssa Monarca, invitava il comune di Massa, nel cui territorio ricadeva la cavità, ad attivarsi in ragione sia della legge regionale 20/84 “tutela e valorizzazione del patrimonio speleologico”, sia dell’art. 14 della legge regionale 36/80 che prevede la revoca dell’autorizzazione comunale per “sopravvenuti specifici motivi di interesse pubblico”.

  5. La risposta del sindaco di Massa, improntata da grande superficialità, escludeva la presenza di detta cavità e il collegamento dell’area con le sorgenti di Frigido a Forno.

  6. La successiva precisazione dell’ass. regionale invece confermava sia il carsismo, sia la correlazione con le sorgenti di Forno sulla base della carta redatta dal CNR sulla vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi delle Alpi Apuane.

(presentiamo la documentazione sopracitata come ALLEGATO H, nn. a-e, insieme alla foto del 1986 che evidenzia la presenza dell’inghiottitoio occultato ALLEGATO I.

Il secondo esempio è più recente.

Nel 2000 il Direttore del parco, avendo effettuato un sopralluogo a seguito di segnalazione di ambientalisti, verificava l’esistenza di un pozzo carsico (profondo 15-20 metri e largo m. 2). Il pozzo appariva in continuità con una frattura subverticale presente nella “carta delle fratturazioni”. In questo caso il Parco obbligava a mantenere una distanza di m. 20 dal pozzo, che ci chiediamo se sia stata osservata.

 

Facciamo rilevare, come è evidente dal catasto delle grotte e dalla carta delle fratture,

l’estrema densità di grotte e inghiottitoi, dislocati in particolare nell’area lucchese della Carcaraia, ma che nelle loro estensioni e ramificazioni si estendono anche nel versante massese. Alleghiamo perciò alcuni censimenti non completi della dislocazione delle grotte dell’area alta della Tambura e della loro morfologia, tratti dal catasto delle grotte presente nel sito della Federazione Speleologica Toscana (nell’ordine ALLEGATO L 1 di fogli 4; ALLEGATO L 2 di fogli 10 e ALLEGATO L 3 di fogli 35)

 

 

  1. Inquinamento sorgenti

Come hanno messo in evidenza fin dal 1991 la Carta della vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi delle Alpi Apuane (Toscana-Italia) redatta dal CNR (ALLEGATO M) , e le successive ricerche : Le risorse idriche sotterranee delle Alpi Apuane : conoscenze attuali e prospettive di indirizzo (atti del convegno tenuto a Forno il 22 giugno 2001) , nonché lo studio commissionato dalla Regione Toscana “Studio idrogeologico prototipale del corpo idrico sotterraneo significativo dell’acquifero carbonatico delle Alpi Apuane ecce”, a cura del centro di geotecnologie di san Giovanni Valdarno e dell’univ. di Siena, del 2007, c’è correlazione tra le cave Focolaccia e la Padulello-Biagi con le sorgenti del fiume Frigido a Forno, correlazione attestata anche oggi dalle tracce di marmettola presenti intorno alla sorgente dopo una grande pioggia.

Le relazioni presentate dalle ditte concessionarie delle cave non possono ignorare questo dato, come si evince dalle relazioni tecniche allegate alle richieste di escavazione e in possesso del Parco, relazioni in alcuni casi redatte dagli estensori della documentazione scientifica sopracitata, ma non siamo certi che mettano in atto gli accorgimenti necessari ad impedire inquinamento da polveri di marmo (evidenti agli occhi di tutti) che stanno invadendo le cavità carsiche (clamoroso il recente caso dell’antro del Corchia, ben evidenziato nel sito del Parco), esemplificato nel nostro caso anche dalle condizioni del laghetto della grotta di Renara a Forno . Ma ci chiediamo se insieme alla polvere di marmo non penetrino anche idrocarburi e olii esausti.

Richiamiamo anche lo studio di Drysdale et al., Suspended sediments in karst spring water near Massa (Tuscany) Italy, Environental Geology 40 (2001), pp. 1037-1050; in cui si stima in oltre 1.000 tonnellate/anno la quantità di polvere di marmo restituita, soprattutto in occasione delle piene del Cartaro. A seguire la dichiarazione del dr. Leonardo Piccini che spiega che tale inquinamento “non comporta seri rischi per la salute pubblica”. Certamente il parere di tecnici, anche docenti universitari, va considerato alla luce del fatto che questi studiosi assumono incarichi remunerati dai gestori di cava, come è il caso di Piccini per la Focolaccia, che è anche speleologo, o di Leonardo Lombardi che nel 2003 faceva parte del comitato per la tutela delle Alpi Apuane, e nel contempo , attraverso lo studio Nemo Nature and Environment, partecipava per conto di privati alla VIA della cava Cantonaccio di Casola e di Carcaraia di Minucciano, per citare le sole cave che sono oggetto di questa inchiesta.

Poichè il Parco, da parte sua, non può che limitarsi ad inserire tra le prescrizioni di “continuare il monitoraggio delle sorgenti del Frigido e del torrente Renara”, viene in questo modo affidato alla ditta escavatrice il controllo sulla qualità dell’acqua: un modo di tutelare la popolazione questo che non risponde certamente al principio di precauzione.

Eppure già il PRAA 2004-2007 sottolineava il danno provocato dalle escavazioni agli acquiferi, il problema della marmettola e degli olii esausti, la presenza delle polveri, il profilo modificato delle montagne e la presenza dei ravaneti (scompostamente raccolti per fare carbonato) che cancellano i geositi.

Alleghiamo la relazione del geologo M. Chessa che costituisce una breve sintesi di alcune delle problematiche trattate (ALLEGATO N).

 

  1. INQUINAMENTO ACUSTICO e VIA

La nostra zona è censita in Rete Natura 2000, cioè tra le aree che si segnalano per l’habitat, la flora e la fauna selvatica. Secondo la direttiva CEE 92/43 art. 6 par. 3 e 4 la tutela si estende anche a piani o progetti esterni (dunque le aree contigue di parco, occupate dalle cave) che possono avere incidenza su habitat e specie protette.

Incongrua appare perciò la relazione presentata dal tecnico Gianni per la società Focolaccia, che cita il centro di Minucciano , distante 3 km, relativamente alla previsione di impatto acustico, senza considerare la presenza dei Sic e dei Sir, l’esistenza del rifugio Aronte e della sentieristica utilizzata dagli escursionisti ( infatti il PPCM 14/XI/1997 art. 2.3 obbliga a fare verifiche negli spazi occupati da persone e comunità) e la legge 447/95 sull’inquinamento acustico parla di “deterioramento di ecosistemi, beni materiali, ambiente abitativo o esterno ecc…).

Ne consegue che risulta una reale forzatura concedere la VIA e la Valutazione d’incidenza in queste aree. Il 18 gennaio 2011 , ad es. il Parco concedeva alla cava Carcaraia, sita in prossimità dei siti SIR-SIC 21 e 23, la valutazione d’incidenza con queste prescrizioni: a) per ridurre il disturbo alla fauna , effettuare regolare manutenzione dei mezzi meccanici ; b) nel recupero finale dell’area rimuovere i materiali residui e realizzare aree idonee alla microfauna invertebrata , anfibi e rettili; c) non introdurre specie vegetali alloctone; d) monitorare il sistema carsico e quando si intercettassero cavità “collegate a sistemi carsici profondi” comunicarlo al Parco.

 

  1. Vincolo Paesaggistico

Ricordiamo che nel 1999 (delibera 13/6/00 n. 3112) il Parco risulta aver negato l’autorizzazione alla cava Padulello- Biagi a seguito del parere negativo espresso dalla commissione beni ambientali del comune di Massa relativamente al vincolo paesaggistico. Tale parere è stato confermato nel 2001.

In relazione del fatto che la ditta ha continuato ad operare senza le debite autorizzazioni e ignorando le prescrizioni, come si evince dalla determina di P. C. A. n. 6 del 15/2/2012 a firma Raffaello Puccini, chiediamo che il Parco si esprima a favore della definitiva chiusura.

Anche relativamente alla cava Focolaccia (o Piastramarina) nella determina 5 del 27/2/09, successiva ad una richiesta di proroga e variante, dopo aver inutilmente sollecitato documentazione integrativa, il Parco decideva di non rilasciare la pronuncia di compatibilità ambientale e il Nulla osta relativo all’autorizzazione al vincolo paesaggistico e al vincolo idrogeologico a causa dell’incoerenza e della carenza di progettazione.

 

  1. A proposito di legalità

Come risulta chiaramente dalla osservazioni precedenti, i conduttori delle cave Padulello e Focolaccia scavano senza permesso e non rispettano le prescrizioni del Parco, mettendo in pericolo le stesse sorgenti utilizzate dalla popolazione e distruggendo un ambiente tutelato per legge e riconosciuto di importanza regionale e comunitaria, e da poco inserito anche tra i geositi Unesco. Se la cava Padulello è senza una legittima autorizzazione allo scavo, e la cosa è nota, perché da anni gli ambientalisti ne chiedono la chiusura e il Sindaco sui quotidiani promette questa chiusura, il Comune, pur ricevendo le segnalazioni dei guardiaparco, non ha mai provveduto a mandare i suoi vigili per un controllo, non ha posto la cava sotto-sequestro e continua regolarmente ad incassare la tassa marmi. Nel caso della Focolaccia invece, il Comune in autotutela dovrebbe revocare la concessione-enfiteusi del 2006 per 120.000mq in base alla quale la ditta ha proposto un nuovo piano di coltivazione, dal momento che tale alienazione non è stata approvata dal consiglio comunale, è basata sulla sola normativa Estense, normativa che non viene rispettata, dal momento che passando in mano a stranieri la concessione avrebbe dovuto avere un particolare assenso dall’amministrazione. Tra l’altro, oltre a non rispettare le vigenti leggi regionali, tale concessione penalizza i cittadini in quanto non viene versato un canone annuale congruo alla superficie concessa. (ALLEGATO 0 Determina del Comune di Massa di ALIENAZIONE CONCESSIONE AGRO MARMIFERO Piastramarina e Cessione dei diritti di enfiteusi su 120.000 mq di agro marmifero da Industria Marmi Piastramarina a Cave Focolaccia)

 

Sulla base di queste parziali osservazioni e memorie allegate, richiamiamo il principio di precauzione , ratificato dall’Unione Europea, in relazione alla devastazione ambientale, al degrado delle cavità sotterranee e al pericolo di inquinamento delle falde acquifere e chiediamo perciò la chiusura delle due cave in oggetto.