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A Gaza stanno morendo i civili, tantissimi civili, persone normali in carne ed ossa, con i loro sogni, le loro speranze, i loro progetti per un futuro di pace e di giustizia per tutti.

A Gaza stanno morendo i bambini, tantissimi bambini, il futuro di un popolo annientato da una pioggia di bombe di cui, i sopravvissuti, non comprenderanno mai la ragione.

Le nostre mani grondano sangue. Le nostre mani hanno dato fuoco a Mohammed. Le nostre mani hanno soffiato sulle fiamme. Viviamo qui da troppo tempo perché si possa dire “non lo sapevamo, non lo abbiamo capito prima, non eravamo in grado di prevederlo”. Siamo stati testimoni dell’enorme macchina di incitamento al razzismo e alla vendetta messa in moto dal governo, dai politici, dal sistema educativo e dai mezzi di informazione.

Mamo, come stai? Stiamo soffrendo con voi ed io che conosco la tua Gaza, vi immagino provati dai bombardamenti di questi giorni. Dimmi, fratello, come stai?

La chat di Skype improvvisamente solleva la matitina e compaiono rapide ma densissime parole che mi riportano proprio lì, sulla strada principale di Gaza City, in quella casa di amici proprio sopra al negozio di alimentari dove andavo sempre a riposarmi alla fine delle mie giornate piene di racconti e immagini di una popolazione che allora -era il 2010- usciva stremata dal massacro di Piombo Fuso: un mese di tempesta di fosforo bianco e le armi più mostruose, per uccidere più di 1400 persone, tra cui 400 bambini..

Da più di sessanta anni la politica di Israele è sempre la stessa. Di fronte alla violenza e alle provocazioni dei palestinesi ha risposto con la rappresaglia, con la vendetta, con violenze ancora più forti. Il risultato è che in tutti questi anni non sia riuscito a scrollarsi di dosso la violenza e l’inimicizia dei più violenti tra i palestinesi.