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Nei primi giorni della guerra in Libia, in molti si sono interrogati sulla posizione dei credenti italiani circa l’intervento militare e sul silenzio dei “pacifisti cattolici”. Un’interessante risposta l’ha fornita Luca Diotallevi, sociologo ed eminente collaboratore della Cei, in un articolo apparso su Il Riformista del 29 marzo.

Di fronte all'angoscia che provo per la situazione che stiamo vivendo, un piccolo conforto mi deriva dai discorsi che  mettono in luce la necessità di scambiare idee, informazioni, confrontarsi, prima di trinciare giudizi dettati da appartenenze politiche e/o ideologiche.

L'intervento militare in Libia ha suscitato in Francia un coro di consensi, provenienti sia dai partiti rappresentati in Parlamento, come già per la guerra in Afghanistan, sia dai commentatori.

Sentiamo dire che la Francia ha messo a segno un colpo da maestro. Il capo nemico è designato solo in termini superlativi: è diventato il demente, il pazzo, l' aguzzino, il tiranno sanguinario, o addirittura descritto, con riferimento alle sue origini, come "astuto beduino".

Io non sono un pacifista per principio, in maniera aprioristica, per un discorso di non violenza, lo sono invero per calcolo sulla guerra, un conteggio concreto e preciso che mi fece mio padre, mio personale e privato padre della patria, l’unico che rispetto davvero.
Come tanti della sua generazione mio padre era di poche parole, ed era una fatica immensa strappargli racconti soprattutto della guerra; a spezzoni attraverso qualche aneddoto, la sua esperienza l’ho ricostruita io.

"Forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci;
un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell'arte della guerra"
(Isaia 2, 4)

Care lettrici e cari lettori di "Pisa Notizie",

da più parti ci è venuta la sollecitazione a chiarire pubblicamente perché il Centro Gandhi, di cui sono il presidente, abbia sollevato un conflitto con l'assessora alla scuola del comune di Pisa, professoressa Marilù Chiofalo, opponendosi al suo progetto di invio dei bambini in caserma, nell'anniversario della morte avvenuta a Nassiryia il 27 aprile 2006 di Nicola Ciardelli, maggiore del 185mo reggimento paracadutisti della "Folgore".

Un accostamento molto comune, anche se spesso non è meditato, è quello fra silenzio e pace. La pace ha rapporto col silenzio quanto il tormento o l'angoscia o la paura, o il senso di solitudine, di liberazione o di costrizione. Ciò dipende dallo stato d'animo, dal carattere, da un eventuale complesso, dalle situazioni.
Di certo il silenzio è necessario nel raccoglimento e nella meditazione, nella preghiera e durante un lavoro delicato, e allontanando il rumore e le distrazioni la concentrazione è facilitata.

Oggi è la giornata mondiale della pace, un richiamo forte al nostro impegno perché ritorni a fiorire la pace sulla Terra.

In piedi, costruttori di pace”, aveva gridato nel 1990 Don Tonino Bello nell’Arena di Verona, gremita di gente.

Come mai oggi si parla così poco di pace in questo nostro paese, sia a livello ecclesiale che civile?

In piedi, costruttori di pace, rimettiamo le bandiere della pace ai nostri balconi e impegniamoci per realizzare questo Sogno.